Ci siamo. Una classe politica di merda muove i servizi meno "deviati" del mondo per fare un'opera di disinformazione che faciliti la criminalizzazione di qualunque movimento provi a intralciare i loro affari. Parliamo di affari in senso stretto, visto che la Tav in Val Susa a nulla serve, se non a riempire le tasche di chi la costruisce e quindi della "politica" che dirotta fondi pubblici verso le società impegnate nei lavori.
Avete presente la "lettera delle Nuove Brigate Rosse al movimento No Tav" quella che "consigliava di fare un "passo avanti" verso un orizzonte imprecisato ma inevitabilmente "terroristico"? Beh, tutto falso.
Un falso creato ad arte, certamente dai servizi segreti,
probabilmente con l'aiuto di alcuni infiltrati di vecchia data in
settori "di movimento" non abituati a guardarsi intorno, sicuramente
mirato a creare il "pasticcio mediatico" dentro cui infilare tutto il
movimento No Tav, chi porta loro la propria solidarietà e persino il
povero Stefano Rodotà, impiccato all'albero dei "cattivi maestri" per aver pronunciato frasi banali ma sensate.
L'articolo pubblicato da giornalettismo.com
ricostruisce con grande precisione l'origine del "casus", dà conto
degli innumerevoli falsi contenuti nel "testo incriminato" e di come il
sistema mediatico più succube del pianeta se la sia bevuta in un attimo,
senza farsi alcuna domanda. E soprattutto senza farne - dovere primario
di chi pretende di essere considerato un "giornalista" - a chi metterva
in giro "la notizia".
Ma non basta davvero "svelare" il falso. Tutto il movimento deve
prendere atto di che pasta sia fatta questa classe politica e anche
giornalistica; di quanto fetido sia l'insieme inestricabile di interessi
economici di breve orizzonte (scavare un tunnel che non potrà nemmeno
sbucare in Francia è qualcosa di più di una metafora), la propaganda di
regime e l'esercito dei servi a poco prezzo. Bisogna prenderne atto
rapidamente, perché l'autunno è già iniziato, il movimento di lotta va
crescendo ed anche la "guerra preventiva" condotta da uno Stato ridotto a
polizia e menzogna.
*****
Perché la lettera delle Brigate Rosse ai NoTav è una bufala
di Mazzetta - 23/09/2013
- Non sono BR, non l'hanno scritta ai valsusini, non richiama alla
lotta armata. Un guazzabuglio tutto mediatico per una storia di
ordinaria criminalizzazione del dissenso
Le perplessità attorno alla – lettera delle “Nuove Brigate Rosse” ai
Notav – sono più che giustificate, visto che si tratta di un’assoluta
montatura.

CRIMINALIZZARE PAGA - L’episodio s’inserisce in una
realtà, che prevede la sistematica criminalizzazione dei movimenti di
base da parte delle istituzioni, anche nel caso di quello dei NoTav è
evidente l’intenso lavorio di parte dei media, delle istituzioni e della
politica nel costruire loro vicinanze con quello che di malvagio e
negativo si trova lì per lì, tanto che sono stati accusati persino di
essere mafiosi e negli anni sono stati accostati a qualsiasi sospiro
eversivo che abbia percorso il paese.
Non stupisce quindi l’ultimo episodio, scaturito da un lancio dell’agenzia ANSA, che si apriva così:
Nuove Br a No Tav: ‘Fate passo avanti’
Il movimento No Tav deve “compiere un altro salto in avanti, politico organizzativo, assumendone anche le conseguenze, o arretrare”. E’ quanto scrivono dal carcere in cui sono rinchiusi, in un documento apparso su internet, Alfredo Davanzo e Vincenzo Sisi, delle cosiddette ‘nuove Br’. Sisi e Davanzo furono arrestati nel 2007 con l’accusa di far parte del Pcpm – Partito comunista politico-militare. Il documento in cui compare la loro firma si intitola ‘Contro la repressione, nuova determinazione’ e, fra l’altro, parla anche del movimento No Tav, di cui sottolinea “la valenza antagonista di portata generale”. Ci sono delle “simpatiche consonanze” fra i No Tav imputati nel maxi processo di Torino e “la nostra dimensione di prigionieri rivoluzionari e dei nostri processi politici”. Lo scrivono Alfredo Davanzo e Vincenzo Sisi, delle cosiddette ‘nuove Br’, in un documento apparso su internet, riferendosi alla linea difensiva scelta dai militanti chiamati a giudizio davanti al tribunale subalpino per gli scontri del 2011 con le forze dell’ordine.
UN DOCUMENTO BANALE - Il documento
si può leggere appunto in rete, ma ad un’attenta lettura pare molto
arduo riassumerlo come ha fatto ANSA e come poi a ruota hanno fatto
molti altri media. Il documento non tratta di lotta armata, questo è un
fatto, il riferimento al “salto di qualità” è chiaramente all’interno di
un discorso che tratta della resistenza alla repressione, va da sé
almeno indebita, impiegata dallo stato contro il dissenso non
istituzionalizzato attraverso lo strumento carcerario, è infatti appena
il caso di ricordare che gli autori sono in carcere. Si tratta di
un’analisi comunista abbastanza classica del rapporto tra le
istituzioni, bastone dei padroni, e le classi popolari, davvero niente
di eccezionale, tanto che risulta copincollata in buona parte, e in particolare proprio nella parte che nomina il movimento NoTav, dal sito Operai Contro,
per niente sospettato d’essere veicolo di letteratura terrorista. Di
più, il testo è stato pubblicato alcuni giorni fa e nessuno l’ha
scambiato per un messaggio o un’esortazione ai Notav nemmeno per
sbaglio.
IL PASSO AVANTI NON È LA LOTTA ARMATA - Il dubbio ulteriore che è venuto a molti e che ha esplicitato anche Beppe Grillo,
cioè che si possa trattare di una bufala persino l’esistenza della
lettera, potrà essere chiarito facilmente, in fondo basta una telefonata
degli avvocati di uno dei due per tagliare le gambe a un eventuale
falso. Ma non è tanto importante, perché vera o falsa che sia, il fatto è
che in quella lettera non c’è nessun invito ai Notav e non c’è nemmeno
alcun riferimento o invito alla lotta armata, neppure criptico. Neppure
quel “salto di qualità” o i “passi avanti” da tanti virgolettati a
intendere un invito alla lotta violenta, hanno in realtà nel testo
alcuna appiglio verosimile per sostenere che si riferiscano ad atti
violenti. E la cosa è ancora più chiara leggendo il documento dal quale è
stato copiato/plagiato, che peraltro si dilunga su un’analisi del
comportamento processuale di alcuni Notav fattualmente errata.
TRADOTTA MALE - La bufala quindi è già dimostrata ed
è nella “traduzione” avventurosa di un appello che non c’è, poco
importa a questo punto che la lettera sia genuina o no, quella lettera
non è un appello ai Notav e nemmeno a imbracciare le armi.
E per di più non è nemmeno delle Brigate Rosse.
NON SONO BRIGATE ROSSE - In effetti c’è anche da
notare che i due autori non sono “nuove brigate rosse” nemmeno un po’,
né con le virgolette come li hanno definiti molti, né sono brigatisti
tout court come li hanno definiti altri. I due fanno parte di un gruppo
di persone accusato di preparare atti terroristici, ma che agli atti è
stato imputato per aver sparato qualche minuto in un campo con un
Kalashnikov e per aver attaccato un Bancomat per finanziarsi. Il gruppo era pesantemente infiltrato da anni e
non è mai andato oltre, ma il fatto che tra loro parlassero male e in
maniera minacciosa dell’onorevole Pietro Ichino ne ha fatto, per
analogia, una cellula gemella o quasi di quella che si macchiò dei
delitti D’Antona e Biagi. Il Partito Comunista Politico-Militare (PCPM)
però non ha niente a che fare con le Brigate Rosse e non solo perché non
è mai stata una realtà capace di farsi tanto pericolosa. Quella di
“Nuove Br” come sono stati definiti per anni, è un’etichetta infondata
che ora risorge e torna utile a distanza di tempo, tradotta in
”cosiddette Nuove Br” dai più prudenti.
NON SONO TERRORISTI - Gli stessi giudici che li hanno condannati a pene pesanti li hanno definiti “sovversivi” e non proprio “terroristi”, condannati per associazione sovversiva semplice e non per associazione sovversiva con finalità di terrorismo,
nonostante siano state registrate le loro telefonate e ripresi i loro
incontri, peraltro partecipati dai sopra ricordati infiltrati, non è
stata attribuita loro alcuna azione di stampo terroristico, solo
intenzioni più o meno vicine alle loro scarse capacità operative, alcuni
di loro sono stati assolti, altri sono ormai liberi. La ricostruzione
dell’accusa si è rivelata esagerata ed estesa a persone poi riconosciute
per innocenti, e con essa la portata dell’operazione di polizia o
l’esistenza di minacce reali, grandemente amplificata dai media
all’epoca. Di più, nessuno delle vere BR, vecchie o nuove, ha mai
riconosciuto alcuna parentela o vicinanza con i due condannati o con la
loro organizzazione. Ed è bene ricordare che neppure loro hanno mai dato
segno o verbo di voler essere Brigate Rosse o riconoscersi nella loro
storia.
PARLARE DI NIENTE - Quindi, riassumendo, la lettera
non è stata scritta da alcun tipo di Brigatisti Rossi, non era rivolta
ai NoTav e non contiene nessun invito alla lotta armata. Ne consegue che
per almeno un paio di giorni tutti o quasi i componenti della classe
parlante di questo paese, politici compresi, abbiano discusso di nulla,
di una cosa che non c’è e non c’è mai stata, davvero una lettera
“fantomatica” come l’hanno definita alcuni NoTav rispedendola comunque
subito al mittente, ché non si sa mai.
NIENTE BR - Le Brigate Rosse, il gruppo storico,
sono inattive dal 1988, 25 anni, da quando sancirono la “ritirata
strategica”, dopo di allora si è manifestato sotto le insegne brigatiste
solo il nucleo che tra il 1999 e il 2002 uccise Biagi e D’antona e che
si ritiene del tutto neutralizzato una decina d’anni fa. Perché quelli
del PCPM siano stati etichettati come le “nuove BR” dai media è
abbastanza comprensibile, visto che il loro processo fu occasione per
diversi politici di esibirsi in dichiarazioni stentoree e per lo stesso
Ichino di recarsi al dibattimento alimentando l’attenzione verso il
gruppo e le analogie con le azioni delle BR di Galesi e Lioce contro i
giuslavoristi. Un circo a tratti osceno, animato anche da chi ha
sfruttato l’uccisione di Biagi e D’antona per far passare anche in
quegli anni leggi sul lavoro che probabilmente avrebbero lasciato molto
perplessi i due giuslavoristi uccisi.
I CATTIVI VENDONO - Il resto lo fa la considerazione
nota per la quale nel nostro paese i media amplificano sistematicamente
le “minacce terroristiche”, e probabilmente non solo perché in casi
come questo le BR fanno più notizia dei PCPM e un invito ai NoTav alla
violenza fa ancora più notizia. La storia anche recente del nostro paese
è fatta dei Pio Pompa e dei Renato Farina, è fatta di articoli e “fonti
dei servizi” che sono arrivati ad annunciare “attacchi con siringhe e
sacche di sangue infetto da HIV” alla Zona Rossa di Genova nel 2001,
scritti da persone disposte a tutto o più semplicemente pagate per
farlo. Persone per le quali inventare balle inverosimili è occupazione
quasi quotidiana e per di più “patriottica”, com’è accaduto che qualcuno
abbia rivendicato con orgoglio. Cavalcare di un’agenzia un po’ sopra le
righe è cosa che poi può fare anche l’ultimo dei dilettanti.
FANTASIE E MITOMANI - Le cronache del nostro paese
conservano memoria di decine di rivendicazioni da parte di sedicenti
formazioni terroristiche esistite solo nella fantasia di qualche
mitomane o nelle riflessioni d’investigatori e giornalisti. Ma accanto
ai casi di giornalisti che si mandavano i volantini delle BR,
si è visto addirittura il caso di un’intera e temibile organizzazione
terroristica inventata dal nulla e presa per buona da tutti, come nel
caso dei Nuclei Territoriali Antimperialisti, partoriti dalla fantasia
di Luca Razza, giornalista di destra che per oltre 10 anni impersonò la
formazione “terroristica” che a lungo inquieterà il paese. «Per
dieci anni gli Nta sono stati l’incubo degli inquirenti. Hanno
rivendicato assassinii ed esplosioni, bruciato auto e prodotto
risoluzioni strategiche, prese sul serio anche dalle nuove Brigate
rosse. Ma era tutto una clamorosa beffa, messa in atto da un pubblicista
megalomane «poeta e cantante». Così ha riassunto Valentina Avon in una dettagliata ricostruzione delle gesta di Razza e delle imbarazzanti conseguenze che hanno provocato a diversi livelli. Tra gli altri ne è rimasta vittima l’Unione Europea, gli «Anti-Imperialist Territorial Nuclei for the Construction of the Fighting Communist Party» sono
finiti nella lista nera del terrorismo internazionale stilata dalla
Commissione Europea nel 2005, Luca Razza ha terminato la sua carriera e
confessato nel 2004. Ma ne è rimasta vittima anche Wikipedia,
che a oggi ha ancora la voce dedicata che, dopo averne elencato le
gesta con pignolo dettaglio, si conclude buffamente e falsamente con: «Nel
2004 dopo un’azione portata avanti dalla DIGOS nel Nord Est
dell’Italia, vengono arrestati i membri del gruppo, il quale viene
sciolto dalle forze dell’ordine italiane.» Se qualcuno all’ascolto provvederà, non potrà che essere un bene.
L’UTILE MILLANTATORE - Per oltre 10 anni Razza
produsse documenti “politici” in sile BR rivendicando il rivendicabile,
persino l’omicido Biagi, e millantando l’esistenza di un’organizzazione
armata pronta ad “offensive” variamente terroristiche. I suoi amici che
erano al corrente di alcune sue stranezze dissero che qualche sospetto
lo avevano, ma che credevano fosse Unabomber, ma non hanno detto niente
lo stesso. Storie al limite dell’incredibile, talenti e imprese di
provincia che in questo caso assurgono alla ribalta nazionale e danno da
parlare, anche troppo. Una storia che potrebbe essere anche divertente,
se non fosse che dell’incombente presenza degli NTA hanno approfittato
in molti, in genere per reprimere altri o giustificare politiche
repressive, se non per terrorizzare ignari cittadini e offrirsi loro
come capaci protettori.
COSÌ FAN TUTTI - Nel caso di questi giorni forse non
basta la “notiziabilità” della bufala a spiegare la diffusione acritica
e universale di una bufala del genere, la genesi della quale importa
relativamente. È fin troppo evidente che contro il movimento NoTav ci
siano da tempo alcuni politici, e non solo, che non trovano di meglio
del criminalizzare la protesta, un grande classico di ogni epoca e a
ogni latitudine, perfettamente integrato nel modello occidentale di
gestione del potere e innervato anche nella tradizione italiana. Gli
sforzi immani degli apparati di sicurezza americani per riuscire a
dimostrare che i militanti di Occupy Wall Street fossero pronti ad atti
di terrorismo, e prima di loro gli stessi sforzi nei confronti di
ecologisti e innocui movimentisti al seguito di cause più che degne,
testimoniano l’esistenza di una tendenza sistematica dell’apparato
repressivo statunitense che utilizza questi mezzi e al traino seguono i
media, soprattutti alcuni media. Gli Stati Uniti sono il modello di
questa gestione che vede il quarto potere dalla parte sbagliata e anche
nel nostro paese il modello si è affermato da tempo, anche da prima
dell’emergere della strategia della tensione e di altre infamità che
hanno macchiato la storia d’Italia e che in genere hanno visto impuniti
gli autori. Non deve davvero stupire la consonanza tra i politici del
governo delle larghe intese, l’apparato repressivo ipertrofico che
ancora ingombra il nostro paese e gli interessi dei grandi capitali che
controllano l’informazione, ci sarebbe semmai da stupirsi del contrario,
e non c’è da stupirsi se chi s’oppone a certi appetiti ha vita dura.
DISTRAZIONI DI MASSA - Media grazie ai quali le
pensate di qualche fantasista diventano cronaca, realtà per le opinioni
pubbliche, che dirotta il discorso e l’attenzione dei cittadini dalle
rivendicazioni spesso sacrosante e condivisibili dei movimenti alla loro
presunta “pericolosità”. Improbabili ipotesi di derive violente portano
alla dissociazione dai cattivi, che serve soprattutto a cerca d’isolare
i movimenti e le loro petizioni di principio quando si rivelano
condivisibili da platee più vaste. È anche il caso delle questione
dellla Torino-Lione, un progetto che i francesi non prenderanno di nuovo
in considerazione prima del 2030, ma che qui da noi deve aver scatenato
appetiti robusti, almeno a giudicare dalla feroce campagna politica
bipartisan e al numero e qualità dei media schierati a difesa di
un’opera che non serve alla collettività, concepita su previsioni di
traffico in aumento geometrico che sono già state clamorosamente
smentite dallo scorrere degli anni e dal calo del traffico sull’asse che
dovrebbe servire.
STORIA VECCHIA - La criminalizzazione tattica del
movimento NoTav era evidente ben prima dell’emersione della “lettera
delle BR ai NoTav” che non è mai esistita, il movimento è stato
accostato negli anni a tutto quello che di vagamente violento è
transitato per le cronache, dai blac blok agli anarcoinsurrezionalisti, e
non c’è stato lancio di pietre o rete scavalcata che non sia diventata
notizia a livello nazionale, nonostante gli stessi politici e gli stessi
organi d’informazione si siano fatti spesso cogliere nell’esaltare
proteste simili, se non anche più violente, che si sono tenute in altri
paesi.
LE RIVOLTE DEGLI ALTRI - È fresco ad esempio
l’entusiasmo per le proteste contro Erdogan e lo sdegno per la loro
repressione da parte della polizia turca, come per la rivolta contro il
governo di Morsi in Egitto, tutte manifestazioni nelle quali i
manifestanti hanno sicuramente trasceso oltre quanto abbiano mai fatto i
valsusini e indubbiamente agendo contro governi democraticamente
eletti, anche se non graditi dalle nostre parti. Nessuno in quei casi ha
mai usato il termine “terroristi” per definire le persone in piazza,
nemmeno quando hanno incendiato i mezzi della polizia o addirittura le
sedi dei partiti di governo.
LA CALUNNIA - Per il movimento NoTav invece succede
sistematicamente, una criminalizzazione pesante, assecondata dal
consenso politico, dalla mano pesante della magistratura e da una stampa
schierata con le maggiori testate a favore dell’opera eccitata da
“notizie” che non lo sono, ma che più spesso sono vere e proprie
calunnie sistematiche. Notizie che spesso sono le relazioni dei nostri
servizi segreti che tradizionalmente fin dal tramonto delle BR dicono di
“temere la saldatura” tra i movimenti popolari e questa o quella setta
terrorista. All’alba del 2001 ci furono persino quelli, e non furono
pochi, che predissero la saldatura tra qaedisti e movimento
altermondista. Relazioni che poi sono cavalcate da questo o quel
politico a seconda della convenienza, riportate dai media e alla fine
assumono la stessa consistenza della realtà, diventano realtà
alternative costruite per diffamare e isolare i movimenti di base.
LA PROPAGANDA FUNZIONA - E funziona, è per questo
che sono decenni che il fenomeno si ripete anche se da quasi 40 anni la
risposta dei movimenti a questi tentativi è sempre una sola, quella che è
stata anche quella dei NoTav, che a darsi al terrorismo non ci pensano
proprio. Come non ci hanno mai pensato gli altermondisti, i movimenti
universitari, sindacali o locali, fino ai centri sociali che si sono
nati e sfioriti negli ultimi decenni e che sistematicamente sono stati
accusati di flirtare con il terrorismo e di ricorrere alla violenza,
quando in realtà s’opponevano alla violenza, anche a quella della
propaganda.
UN OTTIMO ESEMPIO - L’ultima bufala può quindi
essere presa come un utile esempio di scuola a ricordare e illustrare un
fenomeno che non è nuovo e che probabilmente ci accompagnerà ancora a
lungo, inquinando il discorso pubblico con pessima propaganda si possono
ottenere ottimi risultati e quando la pessima propaganda è veicolata
dai principali organi d’informazione ci mette poco a diventare realtà
per buona parte dell’opinione pubblica. Si finisce così a discutere di
terroristi che non ci sono, tralasciando ad esempio in questo caso di
discutere il destino di un’opera che pare già condannata, ma che
qualcuno non vuole ammettere lo sia per motivi che nulla hanno a che
fare con l’interesse pubblico.
da contropiano
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